Il nome deriva dal latino
Pelagium (mare aperto), trasformatosi nel
medioevo in Plagium epoi Praiano. Nel Medioevo
Praiano era uno dei casali della Antica Repubblica
Amalfitana. Il paese venne scelto come residenza
estiva dei Dogi di Amalfi ai tempi della Repubblica
Amalfitana. Ed è di epoca angioina la più
bella torre di guardia esistente sull’intero
litorale. Fu, infatti, Carlo I° di Angiò nel
1278 a volere la Torre Assiola, detta la “Sciola”
nel tenimento di Praiano.
In questa località fu costruito un attracco
per le navi detto “scarricaturo”, simbolo
di traffici e di commerci. Una città, quindi,
marinara, che ha avuto questa attività fiorente
sino al ‘700, ma anche una città attiva, industre,
dove si confezionava il “filo torto”, si lavorava
il lino e, in epoche più recenti, si confezionavano
le retine per i capelli e si effettuava la
salamoia delle alici. Sin dai tempi antichi,
tra il 1300-1400 e fino alla fine del 1800,
a Praiano si praticava la pesca del corallo.
Era un buon mestiere malgrado richiedesse
enormi sacrifici.
Da alcuni documenti di atti di vendita del
corallo datati 1400-1500 si evince che, in
quel tempo, per un rotolo di corallo occorrevano
tre tareni e 10 grani: tarenis tribus et granis
decem. Era un mestiere duro, che si tramandava
di padre in figlio. Si andava a vela sino
a Ponza e in caso di cattiva pesca ci si spingeva
sino all’Asinara e, se calava il vento e c’era
“calìa di mare” (mare calmo) si andava a remi.
Canonicamente, Praiano dipendeva dall’Abate
di Positano. |
Chiesa di S. Luca
Evangelista
Di elegante impianto barocco è la chiesa parrocchiale
dedicata al Santo patrono di Praiano, Luca
Evangelista,risale all'anno 1588, restaurata
nel 1772, si impianta su una precedente struttura
risalente al 1123, come attestano il Codice
Perris ed altri documenti. La facciata, recentemente
restaurata, si accompagna ad un campanile
a tre piani, di cui l'ultimo e sottolineato
da monofore. L'interno si sviluppa su tre
navate, con sei cappelle per parte, con archi
a tutto sesto: la centrale è coperta da una
volta a botte unghiata, mentre le laterali
da volte a crociera in stucco. La chiesa si
caratterizza avere,cosa oltre modo rara in
costiera, una cupola maiolicata innestata
direttamente sull'abside. Di notevole interesse
è il pavimento maiolicato, al 1789, decorate
con fiori ed uccelli e, al centro l'immagine
di San Luca raffigurato nell'atto di dipingere.
Del ricco patrimonio della chiesa vanno menzionati
il busto reliquiario in argento del Santo
e due dipinti su tavola: il primo databile
alla seconda metà del cinquecento, attribuito
a Giovan Bernardo Lama, raffigurante la Circoncisione,
il secondo di Padovano De Montorio, raffigurante
la Vergine del Rosario, datato 1582.
Chiesa di San Giovanni Battista
La Chiesa di San Giovanni Battista è situata
quasi al centro del Paese. Ha pianta rettangolare
con volta a botte e si trova sulla via che
porta anch'essa il nome di san Giovanni. Anticamente
era la chiesa principale del Paese e la sua
origine è da collocarsi intorno al secolo
XI-XII. Al suo interno è possibile ammirare,
tra le altre cose, uno splendido pavimento
in cotto maiolicato del 1790 in ottimo stato
di conservazione e un organo a canne con cantoria
del 1795, entrambi di scuola napoletana.
Chiesa di San Gennaro Vescovo e Martire
La Chiesa Parrocchiale di Vettica Maggiore
è dedicata a San Gennaro, napoletano, vescovo
a Benevento, martire a Pozzuoli il 19 settembre
305 mentre imperversava la persecuzione detta
di Diocleziano. Il sacro edificio, di stile
basilicale del rinascimento, a tre navate
e a croce latina, ha la sua cupola regolamentare
ovale, maiolicata policroma, sulla crociera.
Essa nacque ufficialmente il 18 agosto 1589,
e fu edificata dalle fondamenta sul suolo
reso disponibile dalla demolizione di una
chiesa precedente, anch’essa dedicata a San
Gennaro. Quest’ultima era a pianta centrale,
molta antica, risalente, forse, alla prima
metà del 1200 o ancora più in là, ma all’epoca
(1589), ormai in stato fatiscente. La stessa,
di proprietà privata, appartenente alla nobile
famiglia amalfitana dei Corsario, era assurta
alla dignità di chiesa parrocchiale già nel
1572 ,anno a cui risale il primo LIBER BAPTIZATORUM.
Secondo le indicazioni dettate dall’ingegnere
storico amalfitano Matteo Camera la nuova
chiesa sarebbe stata ultimata nel 1602, data
che trova riscontro nei vari momenti di vita
della parrocchia.All’ interno della navata
destra si snodano i seguenti altari : l’altare
del Rosario, con quadro di valore mistico
e storico su tela, commemorativo della battaglia
di Lepanto.L’altare della Sacra Famiglia,
l’altare dell’Immacolata con quadro su tela
datato 1747 e firmato da GianBattista Lama.
La Cappella del Sacro Cuore costruita nel
1898 ad opera di Domenico Rispoli-Zingone.
Segue l’altare di San Bartolomeo e infine
l’altare dell’Annunciazione .All’interno della
navata sinistra si snodano l’altare del Carmine
con quadro su tavola raffigurante la Vergine
del Carmelo nell’atto di porgere lo scapolare
miracoloso alle anime del purgatorio. L’altare
di San Gennaro, l’altare di Santa Lucia, l’altare
del Crocifisso con un affresco di scena del
calvario, su cui campeggia un bel crocifisso,
dono votivo. L’altare di San Michele Arcangelo
che lungo il corso del 1600 e del 1700 fu
sede morale e spirituale di un’associazione
di naviganti e pescatori.
Chiesa di S. Maria a Castro
Sulle pendici del Monte S. Angelo a tre Pizzi
a quota 364 m. s.l.m. è ubicata la Chiesa
di Santa Maria a Castro, con annesso convento
di S. Domenico, che domina il vallone Fontanella
e spazia la vista sull’abitato di Vettica
Maggiore, Positano fino ai Galli e l’isola
di Capri. Il luogo dedicato al culto fin dalle
prime antropizzazioni, per l’impareggiabile
bellezza della natura e per la solennità della
solitudine, potrebbe giustificare la forma
di ara sacrificale, inglobata nella prima
navata, che certamente costituì il primo nucleo
della Chiesa, sviluppatasi in ere successive
fino a comprendere le cinque campate odierne.La
prima notizia scritta fino ad oggi ritrovata
risale al 2 ottobre 1599. Da essa risulta
che il notar Censone stipulò un atto nel convento
annesso alla chiesa di Santa Maria della Sanità
in Napoli, tra l’Università di Praiano e Vettica
Maggiore che possedeva ad antiguo la Chiesa
di Santa Maria a Castro amministrandone i
beni. Con tale atto l’Università concedeva
ai Frati Domenicani la chiesa impegnandosi
a costruire il convento annesso.Il convento
articolato su due livelli presenta quattro
celle al primo piano e cucina e forno, refettorio
e cisterna al piano sottostante. Particolarmente
interessante il gioco delle volte di copertura
del primo piano, che tra l’altro, presentano
un doppio ordine di volte, sistema diffuso
nell’area amalfitana, (vedi convento santa
Rosa in Conca dei Marini) che assicurava una
perfetta coibentazione.Il restauro statico
e conservativo ha ripristinato le volte di
copertura che risultavano parzialmente tagliate
per l’inserimento di un tetto, poi crollato.
E forse proprio il non presentare caratteristiche
di peculiari componenti architettoniche fa
sì che questa struttura si inserisca quasi
mimetizzandosi in un ambiente che le si avvolge
attorno creando quella maestosità che rende
il sito pregno di sacralità e mistero. E’
un rifugio mistico che nella sua essenzialità
di elementi si inserisce nello splendore della
natura circostante congiungendo l’umano e
il divino. Nella Chiesa di S. Maria ad Castro
rimane inalterata da secoli la venerazione
di una immagine comunemente denominata la
Madonna delle Grazie per il valore taumaturgico
da sempre conferitole.Si tratta in effetti
di un grande dipinto ad affresco che occupa
l’intero catino absidale della navata sinistra
dell’edificio, costruita per concessione papale
nel 1430 (Pergamena n° 297, datata 3 giugno
1430, Il Indizione. Amalfi).La rimozione di
un corpo di fabbrica e stucco di epoca settecentesca
ha permesso l’intera lettura dell’opera che
si sviluppa su due ordini. Il registro superiore
è occupato dall’immagine ieratica del Cristo
benedicente, affiancata dalle figure dei Santi
Pietro e Paolo ed angeli; la parte inferiore
della Vergine con il Bambino in trono, con
angeli musici e santi. L’iconografia di questi
ultimi non consente una precisa identificazione,
ma c’è da registrare che il santo in abito
vescovile, raffigurato alla destra di chi
guarda, è una riedizione dell’originale, di
cui si intravedono alcuni particolari (il
ricciolo del pastorale e la mitra vescovile)
che emergono dal nuovo intonaco. Sulla sinistra,
al di sotto del giovane santo con la penna
ed il libro, forse San Giovanni Evangelista,
si sciorina una piccola processione composta
da personaggi in abiti “ moderni” , da identificare
presumibilmente con i donatori dell’opera.
Il perno ideale della composizione è costituito
dalle volumetrie del Cristo e della Madonna,
intorno al quale sembrano ruotare gli altri
personaggi. Il Cristo seduto sul trono, di
iconografia tardivamente bizantina, e la Madonna
, inserita nella moderna architettura classica
del trono-baldacchino, organizzando lo spazio
in maniera calcolata : in esso prendono posto
, secondo un disegno ben programmato, gli
angeli e i santi.Ciò dà ad intendere che l’anonimo
artista, nel momento in cui si accingeva a
realizzare il dipinto , fosse pienamente al
corrente delle istanze pittoriche rinascimentali
che andavano maturando nella Napoli aragonese
e in tutta l’area mediterranea , a partire
dalla metà del XV secolo. L’intuizione del
rapporto prospettico tra forma , luce e colore
a cui l’opera è improntata denota l’assimilazione
e la personale elaborazione della grande lezione
di Piero della Francesca. |